Avere il capo abbassato per lo smartphone, oppure potrarsi in avanti, può avere conseguenze sulla salute? Ecco cosa dice uno studio.
Le ultime ricerche sul DNA umano indicano che l’evoluzione genetica della nostra specie è stata più interconnessa di quanto si pensasse. Studi pubblicati su Nature rivelano che Homo sapiens non discende da un’unica popolazione, ma da almeno due gruppi distinti che si sono separati circa 1,5 milioni di anni fa e riuniti 300 mila anni fa.
Uno studio condotto dal biologo Luca Pagani dell’Università di Padova ha analizzato i riarrangiamenti cromosomici e le variazioni selettive nei geni umani. Le mutazioni che hanno favorito l’adattamento a climi, diete e patologie si sono consolidate in epoche diverse, con divergenze tra popolazioni.
Nel genoma umano sono stati identificati capitoli nascosti dell’evoluzione, che raccontano di migrazioni, incroci e separazioni tra popolazioni. Alcuni segmenti di DNA non codificante conservano informazioni su eventi evolutivi remoti.
La scoperta di geni condivisi con specie arcaiche suggerisce che l’evoluzione non è stata lineare, ma fatta di contaminazioni e adattamenti successivi. Le popolazioni africane mostrano la maggiore diversità genetica. Le tracce di incroci con popolazioni estinte indicano una storia più ramificata e dinamica. Qual è l’ultima scoperta?
La storia dei geni
La comprensione delle varianti genetiche antiche aiuta a spiegare la predisposizione a malattie autoimmuni, metaboliche e neurodegenerative. Alcuni geni ereditati da Neanderthal influenzano la risposta immunitaria e la sensibilità al dolore. In ambito antropologico, queste ricerche ridefiniscono il concetto di specie e di identità genetica.
La ricerca sull’evoluzione genetica umana si sta orientando verso lo studio del microbioma, dell’epigenetica e delle interazioni tra geni e ambiente. Le future scoperte potrebbero chiarire come fattori esterni influenzano l’espressione genetica e il rischio di malattie. Cosa rivela un modello basato su dati reali?

Lo studio
Secondo TollFreeForwarding, l’uso prolungato di smartphone e postazioni scorrette potrebbe modificare la postura umana in modo permanente entro il 2050. Il progetto Mindy è una simulazione visiva che mostra una figura umana con gobba cervicale, polso ad artiglio, occhi arrossati e testa inclinata in avanti: una provocazione che evidenzia gli effetti del cosiddetto text neck.
Il modello si basa su dati reali di ergonomia e medicina del lavoro. L’inclinazione verso lo schermo aumenta il carico su collo e spalle, e causa affaticamento muscolare, dolori cervicali e compressione delle vertebre. Anche camminare mentre si guarda il telefono peggiora la stabilità posturale. La postura della testa in avanti, nota come forward head posture, è associata a maggiore oscillazione corporea e minore controllo muscolare. L’esposizione prolungata agli schermi favorisce l’insorgenza di miopia e sintomi visivi come secchezza, bruciore e affaticamento oculare.
L’articolo Come saremo nel 2050: cambiamenti genetici causati dallo smartphone | Per abituarsi il corpo cambierà in un modo inimmaginabile è stato scritto su: Business | CUENEWS.
