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23 Marzo
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    Esplosivi: definizione, storia e applicazioni

    Le reazioni chimiche possono trasformare profondamente la materia. Alcune sono lente e silenti come l’ossidazione dei metalli, altre rapide e impetuose come le esplosioni.

    Un esplosivo può essere definito come una sostanza (solida o liquidi) che, se opportunamente innescata, può dar vita ad una reazione di decomposizione in grado di produrre calore e gas che determinano pressioni molto elevate. Generalmente, l’intero processo si svolge in tempi molto brevi (microsecondi) con temperature che possono arrivare anche a 5000 °C, con un’espansione dei gas prodotti anche di 15000 volte rispetto al volume iniziale.

    Classificazione degli esplosivi

    Volume dei gas prodotti, temperatura e sensibilità sono solo alcuni delle grandezze che caratterizzano un’esplosione. Infatti, uno dei principali concetti chiave utili a comprendere la tipologia dell’evento esplosivo, e a definire una prima classificazione delle sostanze esplodenti, è rappresentato dalla velocità con la quale si propaga l’esplosione: discorso legato alla velocità del suono, che nell’aria a 20 °C corrisponde a circa 340 m/s. Possiamo distinguere:

    • Deflagrazione: quando la velocità dell’onda esplosiva risulta essere inferiore alla velocità del suono (regime subsonico). Alcuni esempi di deflagrazioni sono rappresentati dalla combustione di una miscela carburante-aria o l’esplosione della polvere da sparo.
    • Detonazione: quando la velocità dell’onda esplosiva è superiore alla velocità del suono (regime supersonico). Esempi sono mostrati dall’esplosione della nitroglicerina o del trinitrotoluene.

    Tendo presente queste considerazioni, gli esplosivi possono essere suddivisi in:

    • Primari: molto sensibili a sollecitazioni meccaniche e termiche e utilizzati prevalentemente nei detonatori in piccole quantità.
    • Secondari: sono esplosivi relativamente stabili ed esplodono con maggiore violenza quando sono sottoposti ad uno shock esplosivo ottenuto facendo detonare una piccola quantità di esplosivo primario a contatto con esso. Gli esplosivi secondari possono fungere da detonatori per altre tipologie di esplosivi.

    Breve storia degli esplosivi

    La prima sostanza classificabile come esplosivo è stata la polvere nera (o polvere da sparo): una miscela costituita da carbone, zolfo e nitrato di potassio (chiamato anche salnitro). La polvere nera venne scoperta dai cinesi intorno al IX secolo. Inizialmente trovò applicazione nella realizzazione di fuochi d’artificio, successivamente come propellente per armi costituite da tubi di bambù rinforzati in grado di lanciare proiettili e frecce. Le proprietà energetiche della polvere nera e le sue potenziali applicazioni in campo bellico destarono subito l’attenzione di popoli arabi ed europei che iniziarono ad utilizzarla massicciamente nei secoli successivi.

    La polvere nera rimase l’esplosivo più utilizzato fino alla prima metà dell’Ottocento, quando il grande utilizzo delle reazioni di nitrazione (introduzione di gruppi nitro in un composto chimico), applicate a numerose sostanze organiche, portarono alla sintesi di numerosi esplosivi molto più potenti. Servendosi proprio di queste reazioni, nel 1845, il chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein riuscì a perfezionare i processi di nitrazione della cellulosa, ottenendo la nitrocelluosa. Nel 1847, il chimico italiano Ascanio Sobrero riuscì a sintetizzare per la prima volta la nitroglicerina, un liquido molto instabile e sensibile.

    I problemi legati alla pericolosità dell’utilizzo della nitroglicerina vennero poi risolti nel 1867 dal chimico svedese Alfred Nobel, che riuscì a stabilizzarla facendola assorbire da farina fossile, creando un esplosivo molto più stabile che tutti conosciamo con il nome di “dinamite”. La seconda metà dell’Ottocento ha visto la nascita di un esplosivo che è stato utilizzato negli anni avvenire in maniera smodata: il trinitrotoluene (TNT). Inoltre, considerata l’importanza e la loro potenza, altri importanti esplosivi molto utilizzati sono il tetranitrato di pentaeritritolo (PETN), la ciclotrimetilentrinitroammina (RDX) e l’ANFO, scoperti verso la fine dell’Ottocento.

    Le guerre che hanno caratterizzato il XX secolo hanno notevolmente incentivato la scoperta, la sperimentazione, la combinazione e l’utilizzo di numerosi esplosivi simili a quelli illustrati fino ad ora, il cui comportamento esplosivo è basato su reazioni chimiche, ma anche di esplosivi le cui proprietà esplodenti sono legate a reazioni nucleari. Relativamente all’ultima tipologia di esplosivi citata, la bomba atomica ed i numerosi ordigni nucleari sviluppati dagli anni ’40 ad oggi rappresentano una terrificante realtà che non ha bisogno di presentazioni.

    Applicazione degli esplosivi

    La parola esplosivo, nell’accezione comune, intuitivamente viene associata alla guerra. I materiali esplodenti ricoprono un ruolo di primaria importanza in campo militare (sicuramente il peggior modo di utilizzare l’energia liberata dalla loro esplosione), ma non è l’unico settore in cui trovano applicazione. Possono essere utilizzati “correttamente” anche per svariati usi civili, come ad esempio: applicazioni minerarie, per la realizzazione di tunnel, per la costruzione di strade, per l’estinzione di incendi nei pozzi petroliferi, nella costruzione di canali o nella modifica dei corsi dei fiumi. In campo ambientale ad esempio si può prevenire il pericolo di una valanga sparando dei proiettili contenti esplosivo ad alto potenziale. Ovviamente l’utilizzo di queste specie chimiche è sempre legato al buon senso di chi se ne serve…

    A cura di Matteo Iafrate

    Fonte: Jai Prakash Agrawal. High Energy Materials, Propellants, Explosives and Pyrotechnics, 2010

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